Ripetizioni “smart”
In questi strani giorni di quarantena, spesso si sente parlare di smart working (o più propriamente di remote working) ed un numero sempre maggiore di studenti è in grado di seguire il proprio percorso di studi, in modo più o meno organizzato e talvolta con un impegno personale del docente, senza dover andare necessariamente a scuola.
In entrambi i casi si tratta di esperienze non nuove al mondo del lavoro e della didattica, ma è certo che la crisi sanitaria che stiamo vivendo abbia portato alla ribalta il fenomeno; è diventato d’improvviso chiaro che, per la gran parte delle occupazioni nel settore dei servizi e per la quasi totalità delle discipline scolastiche un’alternativa ai modelli consueti esiste ed è applicabile.
Ovviamente la qualità del lavoro e della didattica erogati secondo questo nuovo paradigma dipendono fortemente da una serie di fattori intrinseci, che rendono necessari alcuni accorgimenti per rendere altrettanto efficace la performance di uno studente o di un lavoratore quando si trova fisicamente lontano dai propri punti di riferimento; in quest’ottica, ovviamente, non deve cambiare solamente l’approccio di chi è, per definizione, il soggetto “valutato”, ma anche di colei o colui che deve valutarlo.
In generale la scuola italiana, come sistema, si è fatta trovare alquanto impreparata, da molti punti di vista; come è stato rilevato da alcuni sondaggi, oltre all’eterogenea distribuzione della cultura della didattica online all’interno della categoria dei docenti è stato inquietantemente rumoroso il silenzio proveniente dal Ministero e dagli altri organismi che, in qualche modo, avrebbero dovuto far fronte alla crisi dispensando linee guida, istruzioni operative e strumenti di lavoro (è di oggi la notizia relativa alle prime indicazioni ministeriali sulla gestione delle lezioni, dei compiti e delle valutazioni, corredata da alcune ipotesi sul rientro in aula e sullo svolgimenti delle prove di Maturità; ritengo tuttavia che le indicazioni fornite siano generiche, troppo aperte alle interpretazioni e non particolarmente operative).
In realtà, da quello che traspare dai giornali, e anche dalla mia esperienza quotidiana, è evidente che le scuole ed i docenti siano stati abbandonati a loro stessi, in una sorta di autogestione del problema che però ha il grave difetto di non essere registrata dal sistema-scuola, e di non essere equa nei confronti degli studenti, che non hanno tutti le stesse possibilità di accedere ai contenuti proposti dai loro insegnanti. Le università, che in teoria avrebbero dovuto essere più preparate, grazie al pre-esistente scenario dei fuori-sede ed al fatto che a questo livello l’autonomia dello studente è un requisito fondamentale, non hanno saputo fare molto di meglio.
Nel mio piccolo ho sempre dato la possibilità ai miei studenti di avvalersi delle mie lezioni in video-conferenza; certo, in passato si è sempre trattato di un servizio “integrativo” rispetto a quello tradizionale, per una serie di motivi, in primis il fatto di essermi dotata di uno studio disegnato espressamente per il mio lavoro; di solito propongo questo approccio quando uno studente si sta riprendendo da un malanno, oppure quando abbiamo bisogno di mezz’ora per rivedere velocemente un argomento e concordiamo che il tempo del tragitto da casa sia eccessivo rispetto a quello trascorso insieme.
Nelle ultime settimane, da quando i miei studenti hanno smesso di andare a scuola, mi è sembrato opportuno e responsabile dapprima consigliare, e poi, con l’entrata in vigore delle norme restrittive, utilizzare esclusivamente lo strumento delle ripetizioni a distanza. Sicuramente la differenza rispetto all’approccio tradizionale è inferiore rispetto a quella percepita dagli insegnanti delle scuole, poiché il rapporto 1:1 tra studente ed insegnante nel mio caso rende lo svolgimento della lezione online molto simile a quello di una equivalente in presenza.
Quel che è certo è che anche per la lezione privata è fondamentale l’adozione di strumenti nuovi, digitali, che consentano di eliminare o quanto meno di minimizzare l’impatto della distanza in termini di efficacia dell’attività didattica. D’altro canto, tramite opportuni accorgimenti, è possibile non solo limitare i danni, ma anche far tesoro delle possibilità di questi strumenti in termini di collaborazione e condivisione (penso, ad esempio, alla registrazione delle sessioni, o alla distribuzione di materiale digitale o digitalizzato) per estendere le opportunità formative.
Per concludere questo post con alcuni consigli pratici, ecco alcuni degli strumenti che sto utilizzando quotidianamente e le mie impressioni a caldo:
- Skype: è probabilmente il software per la comunicazione più noto al grande pubblico, ed è quello che viene sempre citato quando si parla di lezioni o meeting online; lo uso con la maggioranza dei miei studenti, sia per guardarci in faccia durante le lezioni che per condividere lo schermo del PC e mostrare presentazioni, grafici ed ogni altro materiale sia importante per la lezione
- Hangouts (Google Meet): simile a Skype nel funzionamento, lo menziono perchè trovo che la qualità della comunicazione sia molto migliorata negli ultimi anni; ha inoltre il vantaggio di non necessitare di alcuna applicazione da installare (sul PC è sufficiente un browser) e di essere nativamente accessibile a tutti coloro che dispongano già di una casella di posta GMail
- Whatsapp: incluso nella lista solo per la sua diffusione, per me è la scelta estrema, in mancanza d’altro; la videochiamata, infatti, funziona solo dal telefono, mentre la versione desktop supporta solo la chat e la condivisione di file. Non è decisamente uno strumento disegnato per la collaborazione, e si vede.
- Tavoletta grafica: uno strumento di utilizzo non immediato, forse un po’ retrò rispetto ai moderni schermi touch, che però ha il vantaggio del costo, della flessibilità e della precisione. Io la utilizzo in abbinamento ad alcune “lavagne digitali” (che descriverò nei prossimi punti) per condividere con lo studente quello che normalmente scriverei sulla lavagna durante le lezioni di matematica.
- Open-board (https://openboard.ch/index.it.html): un ottima lavagna digitale gratuita ed open source. La utilizzo insieme a Skype o Hangouts per condividere con gli studenti quello che sto disegnando sul mio schermo tramite la tavoletta grafica.
- Miro (https://miro.com/): la scoperta dell’anno. Anche Miro è una sorta di lavagna digitale, ma a differenza di Open-board vive totalmente nel cloud. Non c’è bisogno di installare nulla (ma sono disponibili le app per PC, Android ed iOS), è gratuita (seppur con qualche limitazione) e permette una reale collaborazione tra insegnante e studente, che navigano, osservano e, volendo, modificano la stessa lavagna nello stesso momento. Alla fine della lezione, poi, la lavagna non si “cancella”, rimane sul cloud per sempre, a disposizione dello studente che voglia ripassare in autonomia o pronta ad essere arricchita durante la lezione successiva.